
Il mercato chiede competitività, ma tagliare i costi non basta. Ecco il nuovo paradigma delle imprese.
Cosa ci mancherà in futuro? Forse ci mancheranno le nostre imprese. Ci mancherà il lavoro così come lo abbiamo sempre concepito.
È possibile reagire per non accettare questa visione? Certo che sì. Come fare? La risposta è semplice, per quanto sia complessa la sua realizzazione.
Creare valore: è la sola possibilità che abbiamo di avere successo negli anni a venire. Secondo Leonardo Becchetti, professore di Economia all’università di Roma Tor Vergata, «dati economici e finanziari degli ultimi decenni suggeriscono che la responsabilità sociale e ambientale d’impresa è l’unico sentiero sostenibile per la competitività futura».
Quindi, se fino ad oggi il concetto di competitività era legato a quello di tagliare i costi del personale, quelli sulla sicurezza, sullo smaltimento dei rifiuti (che in realtà vuol dire tagliare sugli investimenti), il futuro ci chiede una cosa diversa. Lo dicono i dati. E 15 delle maggiori multinazionali si stanno muovendo in tal senso.
I nomi non sono di quelli che pesano: Danone, Phillips, L’Oreal, Mastercard, eccetera. Questi big «hanno annunciato di volersi impegnare per far nascere un’economia purpose-first (cioè dove viene prima il senso di ciò che si fa, diremmo noi la generatività, l’impatto sociale e ambientale e non solo il profitto) chiedendo alla politica sistemi intelligenti d’incentivo e di stimolo in questa direzione e (prerequisito fondamentale) un progresso nelle metriche di misurazione della sostenibilità (indicatori, rating, certificazioni)».
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Il Destino ha voluto che dopo aver letto questo pezzo, mi sia finito sotto gli occhi anche quello di Luigi Ippolito del Corriere, secondo cui «la City resta una città fantasma, gli uffici deserti, i caffè chiusi, poca gente in giro. Perché è successo qualcosa che nessuno aveva previsto: gli inglesi si sono rintanati in casa e non hanno nessuna voglia di venirne fuori. Le cifre parlano da sole: nel resto d’Europa fra il 70 e l’80 per cento dei lavoratori è tornato in ufficio, mentre in Gran Bretagna siamo sotto il 40 e a Londra non si arriva al 20».
«Non è in gioco solo la paura del Covid – prosegue Ippolito – : soprattutto i londinesi, sono stati ben contenti di rinunciare a giornate che comportavano ore di viaggio schiacciati in metropolitana, pasti precari e costosi e stressanti interazioni con capi e colleghi (…). È il modello di business della capitale che è andato in crisi: finora si basava sull’idea di concentrare milioni di persone nel centro della città, alimentando l’indotto più svariato. Ma adesso la pandemia ha fatto scoprire che la tecnologia attuale rende superfluo tutto ciò, perché si può fare tutto da casa».
Se questo è vero, il dato londinese confermerebbe la tesi iniziale: in futuro la competitività si baserebbe sulla capacità di offrire valore. Perché questo è l’unico modello di business che varrà sempre. Vale il detto di un grande fotografo, Ferdinando Scianna (scommetto che ti saresti aspettato il nome di un grande esperto di marketing): «Non esistono inferni che non siano abitati da persone che cercano di essere felici». Scianna non si riferiva all’inferno escatologico, bensì a contesti difficili. Vale così anche per noi. Cambiando i modelli di business al cambiare del contesto, le persone cercheranno sempre di più il valore. E avendo sfruttato tutto quello che avevamo da sfruttare, ecco il bisogno della responsabilità sociale e di certificazioni come la SA8000.
E se non dovesse andare come ho previsto? Sarebbero cavoli amari per tutti. Cito ancora le parole del professore Becchetti: «Le imprese sono squadre che scendono in campo per giocare una partita che ha effetti decisivi sul bene comune. Se le regole del gioco e la tolleranza dell’arbitro consentono o addirittura favoriscono il gioco violento e la produzione socialmente ed ambientalmente insostenibile saremo tutti noi a farne le spese».
Se vuoi giocare insieme a me la partita del futuro, chiamami. La squadra cresce ogni giorno, ma c’è sempre bisogno di nuovi giocatori. Il futuro si costruisce insieme.