
La burocrazia blocca le aziende. Eppure c’è un sistema di regole creato per aiutare gli imprenditori: è il sistema delle certificazioni.
Luigi è morto due anni fa. Lavorava vicino a una cisterna. Non ha seguito tutte le norme sulla sicurezza. Luigi è un nome di fantasia, ma l’episodio è realmente accaduto. Luigi era vecchia scuola. Sessant’anni, gran lavoratore. Aveva cominciato quando le norme sulla sicurezza erano quasi inesistenti e ha proseguito quando le stesse norme erano considerate un fastidio. «Ho sempre fatto così. Lavoro in questo modo da quando avevo i calzoni corti», diceva. «Ai miei tempi non esistevano tutte queste regole. Rallentano il lavoro e basta».
Ma ai tempi di Luigi il mondo era diverso. Forse era meno complesso. Oggi non è più così. Abbiamo mille strumenti che ci aiutano nella vita di tutti giorni. Ma questi strumenti sono la risposta a una vita più complessa, una vita che non si può affrontare con l’approccio di una volta.
Ho parlato di Luigi perché lo conoscevo, ma di Luigi che non ci sono più, ce ne sono tanti, troppi. «Si stava meglio quando si stava peggio», si ripete come un ritornello. Per alcuni versi è vero. Oggi c’è troppo burocrazia. Ma è anche vero che siamo spesso portati a considerare burocrazia anche quello che non lo è. Le regole sulla sicurezza, ad esempio, non lo sono. E non seguirle rappresenta un salto indietro mostruoso sulla strada che porta alla civiltà.
Il problema non è legato solo alla sicurezza. «Si stava meglio quando si stava peggio» fa parte della nostra forma mentis, è uno schema che dovremmo scardinare al più presto. Perché? Perché ne avremmo solo da guadagnarci.
Non tutte le regole sono burocrazia
Già, ciò che spesso consideriamo burocrazia è, invece, un aiuto. Le certificazioni sono un aiuto. Non sono un pezzo di carta e nemmeno una rottura di scatole. Guardiamo ai fatti e anche alle emozioni. Le certificazioni ti aiutano a gestire meglio strumenti e personale. Questo vuol dire due cose. La prima: risparmio sui costi. La seconda: non dirmi che risparmiare non ti rende felice oppure ottimista.
Le certificazioni ti aiutano a monitorare il contesto. Se impari e leggere «i segni dei tempi», puoi correggere il tiro. E credimi, non c’è niente di più saggio che cambiare in un mondo che cambia continuamente. Cambiare non vuol dire ricominciare sempre da capo o fare tutto in modo schizofrenico. Cambiare vuol dire migliorare, vuol dire prepararsi e formarsi. E, credimi ancora una volta, è questo tipo di cambiamento che rendere unica un’impresa. Altrimenti non c’è comunicazione o personal branding che tenga.
Certificazioni, il cuore che batte in modo strategico
«Sony. Research in Motion (Rim). Blockbuster. Circuit City. Perfino la borsa di New York. L’elenco di organizzazioni un tempo leggendarie che hanno chiuso i battenti o non contano più nulla è lungo. La loro discesa agli inferi è il risultato prevedibile di prassi elaborate attorno al concetto di vantaggio competitivo sostenibile. Il problema fondamentale è che strutture e sistemi profondamente radicati, che sono stati progettati per estrarre il massimo valore da un vantaggio competitivo, si trasformano in passività quando il contesto richiede, al contrario, la capacità di cavalcare onde di opportunità transitorie». Lo scrive Rita Gunther McGrath, tra i massimi esperti al mondo di business strategy.
Come dici, i contesti locali sono cosa ben diversa da quelli frequentati dalla Gunther McGrath? Se la pensi così ti dico solo che, in Italia, le aziende che scelgono la strada delle certificazioni, sono molto più efficienti di quelle non certificate. Qualche numero? Eccolo. Secondo Accredia, «le imprese in possesso della certificazione accreditata per accedere al mercato globale, aumentano la loro produttività di un ulteriore 30-60%». Ne ho già parlato nell’articolo Il potere delle certificazioni. Ti chiedo: se la tua impresa migliora, non sei felice? Se la tua impresa migliora, perché considerai «inutile burocrazia» un metodo creato proprio per aiutarti?
Cosa puoi fare oggi
Smetterla di pensare al passato, a quando le cose potevano sembrare più semplici. Questo modo di pensare è così pericoloso che, se lo si cavalca ancora, diventerà tutto maledettamente più difficile. Il motivo è lampante: il mercato cambia perché il mondo cambia. Restare ancorati agli schemi del passato è la cosa più pericolosa che un imprenditore possa fare. CHIAMAMI, perché anche io provengo dal mondo in cui «si stava meglio quando si stava peggio». Ma conosco bene anche il mondo odierno e proprio per questo ti dico che è prioritario viaggiare in compagnia.