
Nonostante la crisi, migliaia di imprese continuano a crescere. Ecco i dati dell’ultima ricerca dell’Osservatorio Accredia.
Questa è la storia di chi ce l’ha fatta. Anzi, di chi ce la fa ogni giorno, perché la storia non è finita e non finirà. È la storia di chi, sfidando la burocrazia, aumenta il fatturato e migliora tutte le performance aziendali.
La storia di oggi è quella delle aziende italiane certificate, di quelle che si fanno il mazzo per migliorare e che non si accontentano di un misero «pezzo di carta». È una storia ordinaria, per quanto sia fuori dagli schemi di un certo sentire comune. È ordinaria perché non parla di un colosso, ma di un esercito composto da 88mila truppe.
In genere i casi studio, o le storie di successo, si basano su un solo eroe. In questo caso gli eroi siamo tutti noi. Il nostro superpotere è di questo mondo: siamo noi stessi. La cosa ha dell’incredibile: chi si certifica migliora e, senza saperlo, si allea ad altre imprese creando così una barriera contro la crisi. Se esiste un’Infrastruttura della Qualità, allora le imprese sono l’estremo avamposto di questa infrastruttura.
È una posizione di cui abbiamo bisogno perché l’attuale crisi economica è asimmetrica, proprio come le guerre contemporanee. Una volta, invece, i conflitti erano simmetrici e anche le crisi lo erano. Oggi, per contrastare un contesto che cambia su più fronti, è necessario rendere questa barriera più forte. Per forte non intendo rigida o spessa. Se la crisi è asimmetrica, la barriera deve essere elastica. Le certificazioni aumentano questa elasticità. Se all’inizio possono sembrare un ingombro burocratico, messe in pratica aiutano a sciogliere tutti quei nodi che immobilizzano un’impresa.
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Secondo la nuova ricerca dell’Osservatorio Accredia, Accreditamento e certificazioni. Valore economico e benefici sociali, «le imprese con un sistema di gestione certificato sotto accreditamento registrano un significativo aumento del fatturato rispetto alle aziende non certificate. In Italia questo si traduce in 88mila aziende con un fatturato complessivo di circa 1.400 miliardi di euro, pari al 40% del totale italiano».
Di quanto aumenta il fatturato? Secondo la ricerca, «un’azienda che sceglie la certificazione, in due anni può aumentare il fatturato dal 2 al 18%. È un numero che dipende dal settore di appartenenza e dallo standard tecnico adottato». «Mica pizza e fichi», direbbe un mio amico.
Non è solo una questione di bilancio. Secondo Accredia «grazie alle certificazioni ambientali, le imprese italiane certificate riducono le proprie emissioni di gas serra in media del 6,9% rispetto ai peers; un risparmio che vale complessivamente oltre 7,7 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti annue». Ovviamente il vantaggio non si ferma alle sole imprese e investe tutta la collettività.
E ancora, «le aziende che hanno adottato sistemi di gestione per la sicurezza del lavoro registrano un numero minore di infortuni e una minore gravità degli stessi rispetto a imprese con le stesse caratteristiche. In particolare, gli infortuni diminuiscono in media del 16%, con un range che oscilla fra il 7% e il 46% in funzione del settore di appartenenza; la riduzione della gravità è ancora più marcata e arriva al 40%. Queste azioni si traducono in un risparmio di costi sociali annui di circa 300 milioni di euro nell’ambito della salute e sicurezza sul lavoro.
Tirando le somme, secondo l’Osservatorio, «i benefici ambientali e sociali dell’accreditamento, valgono circa 1,3 miliardi di euro ogni anno».
Infine, «l’azione congiunta degli operatori pubblici e privati che svolgono prove e certificazioni lungo la filiera alimentare promuove e tutela la sicurezza alimentare contribuendo sensibilmente alla riduzione delle malattie legate al cibo (foodborne diseases) e dei relativi costi sociali».
Le storie sono scritte dalle persone. Le storie che funzionano sono quelle che parlano di un’impresa da realizzare. Mi pare che chi si certifica può raccontare una storia forte, vissuta in prima persona e, soprattutto, insieme ad altre persone. Se anche tu vuoi realizzare un’impresa così, chiamami.