
È la convinzione di molti, ma è vero il contrario. Ecco come il miglioramento continuo scardina le convinzioni limitanti.
«Progettare per sopravvivere». Quando ho visto quella vecchia Olivetti sulla scrivania di un mio cliente, l’ho subito collegata a quelle due parole, progettare e sopravvivere. L’ho fatto anche perché sono le parole che aprono uno dei capitoli della biografia di Adriano Olivetti. E poi perché la realizzazione di ogni progetto nasce da una visione e si realizza grazie a un processo: pianificare-fare-verificare-agire (Ciclo di Deming) È la regola del miglioramento continuo. Ed è quella regola che ha reso grande la Olivetti e che rende grande ogni impresa presente sulla faccia della terra.
E così, mentre il vento estivo soffia sulla crisi economica e sulla voglia di vacanza, chi fa impresa deve fare i conti con una lotta interiore tra paura e futuro, pessimismo e prospettiva, tra problemi e soluzioni.
Non restare soli
Oggi parliamo di come affrontare i problemi. La prima cosa da fare è assicurarsi di non essere soli, sia all’interno dell’azienda, che fuori. Le parole d’ordine sono due: team e leadership. Ogni certificazione punta sulla leadership che, lo ripeterò fino alla nausea, non vuol dire comandare (per quanto in alcune situazioni sia necessario). Per cui, se non vuoi restare solo, coinvolgi, crea una squadra. Le soluzioni migliori arrivano dai gruppi ben motivati.
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Riconoscere i finti problemi
La seconda cosa da fare, è avere ben chiaro dove ci troviamo e quali sono i veri problemi da risolvere. Sì, i veri problemi. Perché a volte ci concentriamo su quelli sbagliati. Magari pensiamo di aver bisogno di più soldi, quando invece abbiamo bisogno di lavorare sulla squadra. Spesso cerchiamo di risolvere i problemi allo stesso modo di come lo facevamo alle scuole elementari, usando le sottrazioni e le addizioni. Mi serve un po’ più di questo e un po’ meno di quell’altro. A volte abbiamo ragione, altre volte no.
Il trucco, per uscire da questo circolo vizioso, è avere la consapevolezza di non avere già in tasca le risposte. Bisogna chiedere, informarsi e confrontarsi. E qui ritorniamo al discorso di prima: non dobbiamo restare soli.
Questo atteggiamento lo si ha anche nei confronti delle certificazioni. Se hai già deciso che ti serviranno solo per partecipare a un bando, difficilmente ti aiuteranno ad ottenere altro. Ma solo perché hai deciso in partenza che sarebbe stato così.
Ritorno per un attimo a Olivetti. Le sue macchine per scrivere erano oggetti di design, pezzi d’avanguardia. Apple, con i suoi store, si è ispirata ai negozi di Olivetti. «Era il meccanismo a suggerire la forma estetica», diceva uno dei designer della casa di Ivrea. In altre parole: era l’individuazione del problema e la relativa soluzione a creare quella realtà.
La filosofia è sempre la solita: miglioramento continuo: plan-do-check-act. Ma solo ad una condizione: ogni certificazione ti offre un metodo per migliorare e per risolvere i problemi, ma non può fare il lavoro al posto tuo.
Però ora non parliamo di lavoro, parliamo di immaginazione. Per risolvere i problemi bisogna immaginare il futuro, così facendo lo si costruisce. Ed è per questo che quando parliamo di immaginazione non parliamo di fantasia fine a se stessa. Certo, non tutto si costruirà subito come lo abbiamo immaginato: faremo prove, individueremo errori (lo ripeto: plan-do-check-act), ma almeno avremo trovato la giusta via da percorrere.
Immaginazione, futuro, squadra, miglioramento: sei ancora sicuro che quando parliamo di certificazioni, parliamo di grigia burocrazia? Se pensi che le certificazioni siano buon senso multicolor, allora chiamami. L’ho detto prima: non bisogna restare soli.