
Si chiama momento Kodak: indica un tonfo inaspettato (in apparenza). La casa americana sta rinascendo e la sua storia insegna anche alle PMI.
Qual è una delle cose più difficili da fare? Cambiare. Qual è una delle cose fondamentali per vivere? Cambiare. Vale per tutti, singole persone e aziende.
Non è semplice, lo so. È un’impresa.
È una legge di natura e funziona così: il nostro cervello frena il cambiamento perché costa energia. Quindi, quando qualcuno prova a cambiare, il sistema in cui è inserito cerca di ripristinare l’equilibrio di partenza esercitando una forza uguale e contraria. Un po’ come quando suona la sveglia e noi tiriamo un pugno sul tasto snooze. Dando così un cazzotto ai buoni propositi della sera prima.
Bene, dopo il predicozzo introduttivo, capiamo cosa c’entra tutto questo con le certificazioni. E sia ben chiaro, non è un discorso destinato solo alle imprese. Vale anche se vogliamo vogliamo vedere una serie tv.
Il primo punto ha a che fare con l’analisi del contesto. Kodak, colosso mondiale, è diventata un caso studio proprio per averla toppata. Era davvero un’azienda leader e non come chi lo scrive sul proprio sito ma poi è solo una fra le tante. Si sentiva al riparo, forse questo non le ha consentito di capire che il mondo stava cambiando e, con esso, anche le esigenze dei clienti.
Primo passo: analisi del contesto
Quando si fa l’analisi del contesto non si compila un documento tanto per accontentare l’auditor.
Il testo della norma ISO 9001, dice che «l’organizzazione deve determinare i fattori esterni e interni rilevanti per le sue finalità e indirizzi strategici e che influenzano la sua capacità di conseguire il (i) risultato (i)…».
Concentriamoci per un attimo solo sui fattori esterni: «La comprensione del contesto esterno può essere facilitata considerando i fattori che emergono dagli ambienti legale, tecnologico, competitivo, di mercato, culturale, sociale ed economico, sia esso internazionale, nazionale, regionale o locale».
Un lavoro del genere non è semplice, ma la fatica iniziale consente di guardare al futuro. Una fatica del genere fa la differenza tra il sopravvivere e il prosperare. È un po’ come se invece di premere il tasto snooze per guadagnare pochi minuti di sonno, ci alzassimo per cominciare a vivere. Un lavoro del genere consente di cambiare. Proprio come ha fatto Kodak.
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Dall’analisi al cambiamento
Cambiare non vuol dire che all’improvviso si passa dall’essere bianchi all’essere neri.
Il cambiamento è un processo e tutto si innesta su cosa siamo nel momento in cui scegliamo di cambiare.
E qui Kodak ci da la seconda lezione, questa volta in positivo. La multinazionale statunitense «si trasforma in un’azienda farmaceutica, prendendo sussidi dal governo Usa».
Non farti ingannare dai sussidi. Ho sentito qualcuno dire: «Siamo tutti bravi con i soldi altrui». Per alcuni versi è vero, ma è l’aspetto marginale della questione, perché per cambiare non bastano i soldi. E comunque anche il saper ricevere dei sussidi è una conseguenza di una buona analisi del contesto.
Kodak è famosa per le pellicole fotografiche e per la produzione di altri prodotti sempre legati al mondo della fotografia. Ma non ha fatto alcun salto mortale per passare alla produzione di farmaci. Lo aveva già fatto dal 1980 al 1994. Ironia della sorte, quando decise di occuparsi di farmaceutica, era per diversificare la propria attività.
Dopo ogni crisi arriva la rinascita
Il periodo che va dal 2005 al 2012 è quello della crisi. Il periodo è paradossale dal momento che la multinazionale poteva vantare alcuni dei brevetti più importanti relativi all’imaging digitale.
Kodak, quindi, resta in vita mantenendo attività di secondo piano.
Nel 2014 comincia la ripresa. Viene siglato un contratto con Hollywood e il film Tenet di Christopher Nolan viene girato con pellicola Kodak.
Si arriva così a luglio 2020, data in cui la multinazionale ottiene un prestito governativo di 765 milioni di dollari per poter produrre sostanze farmaceutiche tra cui l’idrossiclorichina. Senza incertezze è l’annuncio della Casa Bianca: «Kodak ha l’esperienza necessaria nella chimica fine, grazie alla sua eredità fotografica».
All’indomani dell’annuncio, il titolo Kodak subisce un’impennata.
Al netto delle ragioni e degli equilibri che hanno spinto la Casa Bianca a scegliere Kodak rispetto ad altre aziende, resta il criterio di base, quello che mi ha spinto a scrivere questo Pensamento. L’analisi del contesto non può essere un adempimento formale. E da come si intuisce dalla storia che ho raccontato, è importante sia il contesto interno che quello esterno.
L’altro aspetto da considerare è il cambiamento. Oggi più che mai il contesto è in continua evoluzione e questo dovrebbe costringere a cambiare anche chi non vuole.
Cambiare per migliorare
Una precisazione sul significato di cambiamento. Se dico cambiare, voglio esprimere un miglioramento. Ed anche questo aspetto è contemplato dalle norme. Anzi, il termine esatto è miglioramento continuo. Quindi parliamo di qualcosa che non si esaurisce mai, un po’ come il respiro.
Difficile cambiare da soli
È difficile, non impossibile. Anche se, pur mettendomi d’impegno, non mi viene in mente nessuno che ce l’abbia fatta in completa solitudine. Io stesso chiedo aiuto quando ne ho bisogno. Partendo da questa consapevolezza, ti dico chiamami. Il cambiamento è un cammino, insieme si arriva prima e meglio.