
Non sempre gli elementi negativi sono rami da potare. Alcune difficoltà sono la forza di un’impresa. Ecco come riconoscerle.
Cos’è l’analisi del contesto? Per saperlo dobbiamo salire fino all’ottavo piano di un palazzo. A Torino, corso Marconi. In una delle stanze di quell’edificio ci sono Enzo Ferrari e Gianni Agnelli. Discutono perché Ferrari ha avuto paura, paura di perdere tutto. E ciò che sembrava un male si è trasformato in un bene. Grazie all’analisi del contesto (sia interno che esterno) dell’azienda, Ferrari ha trovato il suo punto di forza in ciò che, per molti, sarebbe stata l’anticamera del fallimento. Vediamo perché.
Analisi del contesto e elementi negativi
Qualche giorno fa ero intento nella lettura della norma ISO 9001. La rileggo spesso perché ogni volta emerge qualcosa di nuovo. Guardare da diverse angolazioni, la stessa cosa, ti permette di scoprire piccoli tesori. Il documento che avevo in mano recita così: «L’organizzazione deve determinare i fattori esterni ed interni rilevanti per le sue finalità e indirizzi strategici». Poi, più giù, scritta con un carattere più piccolo, una nota: «I fattori possono comprendere fattori positivi e negativi». Lo sguardo si è soffermato sul termine «negativi». In genere siamo propensi a eliminare ciò che consideriamo negativo senza pensarci su due volte. «Mica sono fesso, io» è il pensiero che facciamo. Ragioniamo con la mentalità del tutto e subito. E invece, spesso, i risultati veri arrivano quando si ragiona in modo differente.
Lasciamo per un attimo Ferrari ed Agnelli discutere tra loro. Prima di ritornare a quell’incontro di fine anni ’60, ti spiego perché lo sguardo si è soffermato sulla parola che tendiamo ad allontanare pensando di fare la cosa giusta. Pochi minuti prima di riprendere la norma ISO, una notifica di Twitter mi segnalava un articolo del Sole24Ore: La vulnerabilità, non solo in azienda, è una soft skill da coltivare. Il motivo? Perché la vulnerabilità, «sempre più spesso, viene considerata la camera dell’innovazione». Sì, non un ramo secco da tagliare, ma la camera dell’innovazione.
Attenzione, non è sempre così. Alcuni rami secchi bisogna potarli. Così come bisogna sbarazzarsi della zavorra. Ma il rischio di buttare l’acqua sporca con tutto il bambino è alto se consideriamo l’analisi del contesto come un mero adempimento burocratico.
Dall’essere vulnerabili alle soluzioni innovative
Prosegue l’articolo del Sole: «In azienda e all’interno di una squadra una persona vulnerabile viene considerata un anello debole e tendenzialmente emarginato». E, invece, «l’essere vulnerabili obbliga a cercare soluzioni innovative di sopravvivenza».
È stato il sentirsi vulnerabile che ha portato Ferrari ad accettare la collaborazione con la Fiat. Oggi c’è chi critica quella scelta, ma all’epoca fu la scelta giusta. Lo ammetteva lo stesso Ferrari (cito dalla biografia Le mie gioie terribili): «Nacque così la possibilità di costruire due vetture Formula 2, la Fiat ne ricavò una serie di vetture sportive e la Ferrari un coupè 2 posti. Per circostanze confluenti, a queste macchine venne dato il nome del mio Dino. L’appoggio della Fiat mi dava fiducia. Ripensavo a tutto ciò, quel 18 giugno 1969, quando salii all’ottavo piano di corso Marconi dove è la sede dello stato maggiore della Fiat. Fui introdotto nello studio dell’avvocato Agnelli. (…). “Ferrari, sono qui che l’ascolto” mi disse, con il suo tratto elegantemente sicuro. Parlai a lungo, non mi interruppe. Poi parlò Agnelli. Alla fine fece entrare i suoi collaboratori e concluse: “Be’, Ferrari, è vero che questo accordo si poteva fare anche prima? Signori”, ripeté ai suoi, “forse abbiamo perduto del tempo. Adesso bisogna riguadagnarlo”».
Paura, coraggio e tranquillità: il nuovo ciclo di Deming
«Lasciai Torino a tarda sera e, legato alle mie abitudini, tornai a Modena. Mi sentivo tranquillo per aver trovato una giusta destinazione per la mia azienda. Tranquillo per aver assicurato continuità e sviluppo al lavoro dei miei collaboratori».
Tranquillo. Vorremmo sentirci tutti così. Molto dipende da noi, dal modo e dall’atteggiamento con cui facciamo le cose. La tranquillità è anche conseguenza del coraggio e il coraggio viene come reazione alla paura. Come reazione a quei «fattori negativi» di cui parla la norma.
Poi, continuando a leggere il documento della 9001, sono saltato al capitolo finale, quello sul Miglioramento. «L’organizzazione deve determinare e selezionare opportunità di miglioramento e attuare ogni azione necessaria per soddisfare i requisiti del cliente e accrescerne la soddisfazione».
Anche in questo caso serve coraggio. Perché ogni miglioramento presuppone un superamento delle proprie condizioni. E per superarsi bisogna sempre mettersi in discussione. Tutto ciò potrebbe generare un po’ di ansia, in realtà questo processo è l’anima di ogni impresa. E migliorarsi è una possibilità che hanno tutti. L’importante è essere motivati a superare i propri limiti. Il migliorarsi ha a che fare con la resilienza. Il termine è preso in prestito dalla metallurgia: indica la capacità di un materiale di assorbire un urto senza rompersi. Ancora una volta troviamo il concetto di limite che, però, deve essere inteso al contrario della fragilità. Proprio come fece Ferrari quando strinse l’accordo con Agnelli.
Cosa puoi fare oggi
Puoi fare da solo un’analisi del contesto della tua azienda per valutare se:
- quelli che consideravi dei limiti possono essere, invece, dei punti di forza, un modo per innovare.
- Oppure, se pensi di non avere limiti, pensare subito a come innovare.
- Puoi fare il nostro crash test.
- Qualunque sia la tua decisione, CHIAMAMI. Sarò lieto di affiancarti nella tua scelta. Il miglioramento è anche figlio della condivisione.