
Aumentano i morti sul lavoro, ma una cultura basata sulla sicurezza, oltre a ridurre le vittime, aiuterebbe le aziende ad essere più produttive.
La mafia fa meno vittime. Il lavoro uccide di più e non scandalizza. È tutto normale. Non ho usato un’espressione forte. È un dato di fatto. I morti sul lavoro superano quelli provocati dalla mafia. Lo dicono i numeri. Dal 2016 ad oggi, inoltre, c’è stato anche un aumento del 10%. Quest’anno, invece, stando alle ultime cifre, rischiamo di superare le vittime dello scorso anno. Secondo gli ultimi dati, i morti sono circa 700. Anzi, ti dirò di più: considerando il numero di morti e feriti sul luogo di lavoro, è come se la mafia uccidesse tre persone al giorno e ne ferisse una ogni 50 secondi. Solo che ad uccidere non è, appunto, la mafia.
«Mi dispiace, ma io che posso fare?», ha detto un mio amico imprenditore. Probabilmente e ciò che ti stai chiedendo anche tu. È quello che mi chiedo anche io: cosa posso fare? Possiamo cambiare atteggiamento. Anzi, dobbiamo. Quelle vittime sono morte a causa di una scarsa attenzione alle norme sulla sicurezza. Perché questa scarsa attenzione? Perché si pensa solo a fatturare e, per questo, si mette da parte il resto. Le certificazioni? Solo burocrazia. La sicurezza? Tempo perso.
Cosa succede se non osservi la sicurezza
Il problema non è solo morale, ma è legato proprio a quel fatturato che diciamo di voler perseguire. Perché in realtà, ogni qualvolta che non si osservano le norme sulla sicurezza, i costi aumentano. Parliamo di costi diretti e indiretti. Ma a prescindere dalle differenze, si calcola che un infortunio costi circa cinque volte tanto un non infortunio. Se estendiamo il dato a livello nazionale, gli incidenti sul lavoro costano il 2,6% del nostro Prodotto interno lordo. Le percentuali sono simboli freddi? Ecco un’immagine calda: il 2,6% del Pil equivale a circa quattro finanziarie. In In una sola parola: tasse.
È evidente che bisogna rivedere la nostra idea di progresso. Poco tempo fa ho letto un’intervista ad uno dei responsabili sicurezza di Scania, ecco cosa ha detto: «Quando si tratta di prevenire i rischi, in azienda c’è molta collaborazione tra dirigenti e operai. Più che la legge (quella Svedese è severa e prevede anche l’arresto dei responsabili aziendali, cosa -pare- mai successa) in Svezia vale il confronto continuo».
Cosa succede se la tua azienda è sicura
Secondo un recente studio di Accredia, «il passaggio da un livello di sicurezza base a un livello di sicurezza certificato comporta, infatti, una riduzione pari a circa il 16% degli infortuni, che nel 40% dei casi sono meno gravi rispetto a quelli che avvengono nelle aziende non certificate». Non è solo una questione numerica o di risparmio. Se proprio si vuole pensare solo al fatturato e alle performance aziendali, chi certifica il proprio sistema di gestione, gode di un impatto positivo su tutto il processo di produzione.
ISO 45001, come gestire salute e sicurezza sul lavoro
Potrei fare molte considerazioni su questo standard ISO. Ne faccio solo una e mi riferisco al capitolo 5 della ISO 45001: Leadership e partecipazione dei lavoratori. Lo faccio riprendendo l’esempio di Scania e aggiungendo quello di Toyota. La casa nipponica ha da poco concluso il Safety Month, il mese dedicato alla sensibilizzazione, dei propri dipendenti, sui temi salute e sicurezza. Leggendo l’articolo che parla dell’argomento, ho notato subito alcune parole: «Persone, formazione, informazione, miglioramento continuo e sicurezza». Signori, vogliamo aziende con lavoratori produttivi? Senza fare tanti ragionamenti ricordiamoci che le persone si attivano quando trovano risposta ai loro bisogni.
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Cosa puoi fare oggi
Scegli bene i tuoi collaboratori e poi rispettali. Comincia a farlo rendendoli e facendoli sentire più sicuri. CHIAMAMI. Parleremo di come le certificazioni possono far prosperare la tua impresa partendo proprio da un ambiente di lavoro più sicuro.