
I veri rivoluzionari violano la regola del «pezzo di carta», ma osservano quella del progresso.
«Non puoi vincere un premio Nobel facendo quello che ti dicono di fare». Le certificazioni si basano sullo stesso principio. Resterà deluso chi pensa il contrario.
La frase con cui ho aperto il Pensamento è di Jōichi Itō, il primo direttore non laureato al MIT di Boston.
Per capire il senso della frase facciamo un po’ di contesto. Itō è stato direttore del Media Lab del MIT. Quindi parliamo di un luogo in cui formazione e innovazione la fanno da padrona. Non parliamo del luogo dei «secondo me». Ma chi è il vero innovatore? Come dice Elena Granata, docente al Politecnico di Milano, «i grandi innovatori sono quelli che hanno saputo deviare dalla norma». Ecco, sento già gridare allo scandalo con frasi così: «Le certificazioni sono norme, quindi innova chi trasgredisce queste norme. Se questo è vero, allora le certificazioni sono inutili». È vero l’esatto contrario, vediamo perché.
Innanzitutto perché le certificazioni propongono un metodo, quello del miglioramento continuo, e non regole categoriche. E come si migliora? Provando e riprovando o, come dice Deming, passando per queste fasi: «Pianificare, fare, verificare e agire». La fase che mi colpisce di più è quella della verifica, perché presuppone una tensione continua, cioè un tendere al futuro, al miglioramento, al non sentirsi mai soddisfatti, al valutare il contesto e come può cambiare.
Attenti alla contro innovazione
Qual è, invece, la norma che blocca la crescita e che, invece, viene osservata da tantissimi? Quella del «mi serve solo un pezzo di carta». Che poi è l’inno al non miglioramento, alla contro innovazione. È la norma più efficace per farsi travolgere dai cambiamenti del contesto.
Ecco, bisogna ribellarsi a questo modo di concepire le regole. Mi rendo conto che la ribellione non è nel DNA di molti. Non ribellarsi è rassicurante, perché ci permette di lasciare tutto com’è e di dare ad altri la responsabilità dei nostri insuccessi. ATTENZIONE! Non sto banalizzando le difficoltà che ogni giorno incontra chi fa impresa. Lo dice la parola stessa, l’impresa è un’azione difficile da realizzare. Ma non è certo adeguandoci a un certo modo di pensare che saremo in grado di affrontare le difficoltà, di capire le esigenze dei clienti e del personale.
L’identikit del ribelle
Il ribelle, per essere considerato tale, deve avere delle caratteristiche? Sì. Perché di certo non sto pensando a dei ribelli a metà strada tra criminali e insurrezionalisti. E queste caratteristiche viaggiano in parallelo con le fasi del ciclo di Deming. Vediamo.
Novità. Chi non accetta la regola del «pezzo di carta» è perché guarda sempre avanti, al futuro, e il futuro è sempre nuovo. La novità corrisponde alla prima fase del ciclo di Deming, la Pianificazione. Noi pianifichiamo per raggiungere, domani, un obiettivo che abbiamo visto oggi.
Un vero ribelle deve anche essere curioso. Ha voglia di sapere cosa c’è dietro le regole, perché certe regole sono come gli alimenti, dopo un po’ scadono. La curiosità corrisponde al momento del Fare. Chi fa è curioso di sapere se la pianificazione funziona davvero.
Chi non accetta certe regole è perché ha capito che hanno le ore contate. Per capirlo bisogna avere prospettiva, è necessario partire dal presupposto che la nostra visione non è la sola possibile. La prospettiva può avere a che fare con la fase della pianificazione, ma anche con quella della Verifica. Perché è quando verifico che si vede se sono disposto a cambiare la mia visione qualora le cose non siano andate come avevo pianificato.I ribelli alla regola del pezzo di carta devono essere anche diversi e autentici. Queste caratteristiche si scoprono alla fine del ciclo. Se è andato tutto come si deve, ogni impresa non può che riscoprirsi diversa dalle altre.