
Ogni nostra iniziativa deve cominciare da una scelta strategica: partire sempre dal perché.
«Il primo passo non ti porta dove vuoi, ma ti toglie da dove sei». Lo ha detto Alejandro Jodorowsky, regista e sceneggiatore. Ho sentito questa frase durante un corso di public speaking e da allora è diventata occasione di riflessione.
Perché dovrei fare un passo se questo non mi porta dove vorrei? In realtà è vero il contrario: è facendo quel passo, pur tra mille incertezze, che possiamo andare dove vogliamo. Perché restare fermi è solo un’apparente vittoria. Resta fermo chi, per paura, vuole proteggere un certo vantaggio o una certa posizione. Questo discorso vale sia per la nostra vita personale, sia per la vita d’impresa. Ma restare fermi è un pericolo, soprattutto in questo momento storico in cui tutto è liquido, tutto cambia di continuo. Per cui, se proprio non vogliamo cambiare, lo farà la vita al posto nostro.
Prepararsi al primo passo
Chiarito questo aspetto possiamo chiederci: ha senso muoversi e basta? No, non ha senso e muoversi senza un motivo è pericoloso tanto quanto lo è il restare fermi. Prima di muoverci dobbiamo imparare ad ascoltare. La voglia di fare il primo passo è la conseguenza di uno stato d’animo o di qualcosa che ci è capitato. Ci rendiamo conto che quello che facciamo non ci sta più bene, ci sta stretto. Quindi abbiamo bisogno di qualcosa di nuovo.
Ed allora, come fare questo benedetto primo passo?
Partendo dal perché. E dovrà essere un perché chiaro. Solo così riusciremo a proseguire il cammino quando sulla nostra strada scenderà la nebbia. Per rispondere al perché bisogna prepararsi. È necessario avere pazienza, metodo e coraggio.
Che cos’è la pazienza? Secondo una mia amica è un «fuoco inestinguibile». La pazienza ha a che fare con l’attesa. E, infatti, se pensiamo all’etimologia della parola, sappiamo che viene dal latino ad-tendere. L’attesa non indica solo l’azione dell’attendere, ma anche il sentimento (una tensione viva) che proviamo mentre attendiamo il verificarsi di qualcosa di importante.
Il perché come scelta strategica
Prima di rispondere al perché serve anche metodo. Questa parola, invece, viene dal greco. Significa via da percorrere. Quindi ha a che fare con la strategia. La strategia è fondamentale se vogliamo raggiungere degli obiettivi. Ci sono persone, quindi anche degli imprenditori, che difendono a spada tratta il loro essere stessi, il loro modo spontaneo di vivere. A prima vista questo potrebbe essere un punto di forza. In realtà è un aspetto che ha la stessa radice di chi vuole restare fermo. Funziona così: restare fermi o essere spontanei sono azioni finalizzate a raggiungere un obiettivo. Solo che, in assenza di un metodo, di progetto e di una strategia, quell’obiettivo manca di consapevolezza. È decontestualizzato, fine a se stesso. Non ha alcun rapporto col mondo ma solo con una specifica e spesso effimera esigenza personale.
Il pensiero strategico, invece, è in continua relazione col mondo, per questo valuta sempre un percorso ottimale per la realizzazione di un obiettivo. In questo caso è l’obiettivo ad avere priorità su decontestualizzate esigenze personali.
Il terzo requisito che ci serve per rispondere al perché, è il coraggio. Avere coraggio vuol dire avere cuore. Hanno cuore le persone generose, quelle che si mettono in discussione per raggiungere qualcosa di più grande. Hanno coraggio quelle persone disposte ad alzarsi prima al mattino rinunciando al calore delle coperte. Forse è pensando alla sveglia del mattino che gli americani amano parlare sempre di zona di comfort.
A questo punto possiamo rispondere alla domanda: perché? Perché devo compiere questo primo passo? Posso avere tutto il coraggio di questo mondo, posso elaborare la migliore strategia di sempre, ma non servirà a nulla se non sono in grado di motivare la mia scelta. E al perché devo aggiungere un’altra domanda: cosa voglio raggiungere?
Il progetto nasce dal perché
In un processo, il perché e il cosa, possono essere il progetto. Il progetto non ha a che fare solo con la strategia, non è solo il modo di organizzarmi per raggiungere i miei obiettivi. È qualcosa di più profondo. Anche in questo caso, l’etimologia chiarisce le idee. Progetto viene dal latino pro, che vuol dire avanti e da jacere, che significa gettare. Quindi il progetto è ciò che gettiamo in avanti. In qualche modo è un anticipo del futuro che attendiamo. È cosa ben diversa dal rimanere fermi o dal realizzare solo un mero obiettivo personale e limitato nel tempo.
Quindi, è importante saper rispondere – soprattutto a noi stessi – perché facciamo quello che facciamo e cosa vogliamo raggiungere. Perché saremo noi a realizzare il nostro progetto. Quando saremo in grado di rispondere in modo chiaro a queste due domande, potremo capire quali azioni intraprendere. Attenzione però: oltre alle azioni dobbiamo sempre considerare come soffia il vento. Proprio come diceva Seneca: «Non c’è vento favorevole per il nocchiero che non sa dove andare». E quando sappiamo dove andare, riusciamo a viaggiare anche sottovento. E qui ritorna ciò che ha detto la mia amica: «la pazienza autentica è un fuoco inestinguibile». Ma affinché sia inestinguibile, bisogna aver capito bene perché vogliamo fare il primo passo e cosa vogliamo raggiungere.
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