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Chi è il vero responsabile della Qualità?

29 Luglio 2021

Ecco chi e perché, in azienda, deve impegnarsi per soddisfare i clienti.

Domanda semplice: in azienda chi deve impegnarsi per la Qualità? Risposta: Tutti! Ovviamente ognuno deve impegnarsi in base al proprio ruolo. 

Qualcuno di voi ha invece risposto pensando al responsabile per la Qualità.

Quest’ultimo deve coordinare, ma ognuno deve fare il suo.

Se tutti devono impegnarsi, allora la Qualità non deve essere concepita solo come prodotto o servizio finale, ma come modello organizzativo.

Non sono pochi a pensare quanto sia sterile il metodo delle certificazioni. Tra questi, però, c’è chi non brilla proprio in organizzazione.

Clienti: il fine di ogni organizzazione

Ma organizzazione per chi? Per il capo? Per fare bella figura con qualcuno? L’organizzazione serve ad una cosa: soddisfare il cliente.

Chi è il cliente? Solo colui che ci dà dei soldi? No, ci sono anche i clienti interni. Un cliente, ad esempio, è il collega con cui condividiamo la stanza. Oppure il collega della stanza accanto. Il cliente è anche il capo così come per questo dovrebbero essere clienti anche i dipendenti e collaboratori. 

Non è così scontato: perché se non si costruisce la Qualità prima all’interno della propria azienda, sarà molto difficile estenderla poi ai clienti finali.

Un caso frequente di cattiva organizzazione

Faccio un esempio. È successo il mese scorso ad un mio amico. Va in officina per un problema alla sua auto. Il meccanico visiona il tutto e dice di aver comunicato la situazione alla casa madre. Arriva il giorno del tagliando e trova un altro meccanico, il quale dice: «Non ne so nulla, non c’ero io quel giorno». Ecco come, non prestando attenzione ai clienti interni (i due meccanici), il problema è arrivato al cliente finale.

Usando alcune espressioni a me care, posso dire che i due meccanici sono stati dei grigi burocrati (grigia burocrazia, in realtà, è un modo di dire che ho preso in prestito da chi sceglie di certificarsi solo in vista di un bando e non per migliorare), pur non essendo certificati. Se invece avessero seguito il cuore della ISO 9001, avrebbero offerto un servizio multicolor. 

Le certificazioni multicolor

Perché multicolor? Le certificazioni sono come un fascio di luce: illuminano l’azienda aiutandola a vedere i punti forti e quelli deboli. Se questo è vero, bisogna ricordare che la luce non è bianca. O meglio, quel bianco è la somma di tutti i colori. E ogni colore ha un significato. 

Faccio un esempio e scelgo il colore verso cui si nutre spesso un certo pregiudizio. Il viola. Come ho scritto altrove, «il viola non è il colore della sfiga, ma della spiritualità e della trasformazione. Ogni impresa, per continuare ad essere se stessa, deve evolversi e trasformarsi continuamente. È la logica conseguenza di chi segue un processo di miglioramento continuo. E bisogna essere un po’ spirituali per ambire a migliorarsi continuamente e condurre un gioco infinito».

E se proprio siamo allergici alla spiritualità, ricordiamoci che la trasformazione è necessaria oggi più che in passato. Il mercato del lavoro cambia ogni giorno ed è necessario un continuo adattamento al contesto.

Non analizzare mai il contesto senza un metodo

Sai davvero analizzare il contesto? Quindi non le minacce già conosciute, a riconoscere quelle sono bravi più o meno tutti. Mi riferisco a quelle che non conosciamo. 

Le minacce che già conosciamo sono quelle legate ai vecchi modi di intendere le organizzazioni aziendali o i modelli di business. Le minacce che non si conoscono, sono legate al mondo che cambia e con esso il mercato e le esigenze delle persone. Non si conoscono perché, legati ad inossidabili abitudini, cerchiamo sempre le stesse risposte e non siamo in grado di formulare nuove domande, quelle che alimentano il miglioramento e l’innovazione.

Se invece ritieni di aver bisogno di aiuto per analizzare il contesto, chiamami. Riconoscere questo punto di debolezza non è infamante, è vero il contrario. Innanzitutto perché non è affatto semplice leggerlo da soli o senza un metodo. E poi perché dimostra la voglia di migliorare e innovare. E fare impresa insieme a chi aspira a tanto, è esaltante. Il vero senso del fare impresa è tutto qui.

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Nunzio Morrone

Fonda Dimitto nel 2006, crede che le certificazioni siano lo strumento per ridurre sprechi e creare progresso. Quando non lavora ama farsi spiegare dai figli come utilizzare al meglio lo smartphone.

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Commenti

  1. Giuseppe Guerrasio dice

    29 Luglio 2021 alle 18:46

    Egr. Nunzio,
    permettimi di essere poco formale e di darti del tu con farei ad un collega. Ho 72 anno, 52 passati in Aziende. Lavorando in una multinazionale del settore Automotive ho conosciuto tutte le case automobilistiche del mondo. Una volta la qualità era cosa seria. Quanto tu affermi non è discutibile. Tuttavia per me viene al secondo posto. Prima c’è la Direzione o meglio la Proprietà. Potrei raccontare tante cose che ho visto certificando oltre 2000 Aziende di ogni settore EA. Non menzionerò cose a cui hai accennato, mi limito a dire che la vergogna delle Aziende italiane scese all’ultimo gradino è imputabile a: Fattori Politici, Gestione del settore Certificazioni, mancanza totale di imprenditorialità nelle Aziende. Oggi i dirigenti nelle Aziende sono quasi tutti ignoranti (di economia e di tecnologia, di gestione beninteso). Capiscono due cose: licenziare il personale, assumere incompetenti del mestiere, evadere le tasse, risparmiare sugli stipendi, non pagare mai. Ora che hai questi elementi metti i tuoi, il quadro è completo e chiaro. Mi sto occupando da mesi del Sistema del Credito secondo il D.L. 14:2019. Ma lo applicherà qualcuno? In Italia le leggi si fanno, ma non si applicano. Non me ne volere, ho sempre piacere di parlare con te. Saluti. Giuseppe

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