
Fare domande è alla base della creatività, lo stesso principio guida i metodi per la soluzione di problemi aziendali.
«La stupidità deriva dall’avere una risposta per ogni cosa. La saggezza deriva dall’avere, per ogni cosa, una domanda». Lo ha detto Milan Kundera e anche oggi parlerò dell’importanza delle domande. Perché sono un potente strumento di business e potenziano le nostre capacità di ragionamento e previsione.
Cominciamo con una domanda: qual è il modo più semplice ed efficace per trovare valide risposte? Fare buone domande.
Sviluppare questa capacità non aiuta solo a trovare soluzioni, aiuta anche a guardare in faccia il caos e la complessità. E quando sviluppi questo potere puoi trattare con questi due aspetti tipici dei nostri tempi.
Non si tratta di filosofia fine a se stessa, è vero l’esatto contrario. Annamaria Testa, esperta di comunicazione e creatività, dice: «Avete notato che un punto interrogativo messo a testa in giù somiglia ad un amo? Bene: buttatelo nel mare del possibile, e vedrete che qualcosa di interessante ci resterà attaccato».
Ecco, per non fare mera filosofia, vediamo i risvolti pratici. Li introduciamo con una domanda, of course: quali domande bisogna porsi?
Bisogna cominciare da quelle ingenue: Cos’è? Come funziona? Perché succede? Eccetera. Attenzione, sono importanti anche le domande contestuali, paradossali e quelle metodologiche.
Ma la capacità di fare domande ingenue – come quelle che fanno i bambini -, è la scintilla che ha portato a numerose scoperte scientifiche.
Ed è anche alla base di un metodo per l’individuazione dei problemi usato in ambito aziendale. È molto utile nell’ottica del miglioramento continuo e nella gestione dei processi così come prevede, ad esempio, la norma ISO 9001.
I processi, infatti, possono incepparsi e non funzionare. Quando questo accade è un problema che va risolto. Una delle tecniche usate, si rifà alle domande ingenue. Cosa fanno i bambini quando non capiscono? Pongono tanti perché ripercorrendo a ritroso il fenomeno che stanno cercando di comprendere.
Problemi? Risolvili col metodo dei 5 perché
La stessa cosa avviene in azienda col metodo dei cinque perché, 5 Whys. È un metodo di problem solving e permette di indagare le relazioni causa-effetto in modo da individuare la causa origine di un problema (root cause). Ci si pone 5 volte la domanda Why? e ogni risposta porta alla domanda successiva. Perché bisogna porsi proprio 5 volte la domanda Why? In realtà i perché possono essere superiori o inferiori a questo numero. L’importante è risalire alla causa del problema. Il numero 5 dipende dal fatto che in genere è questo il numero utile ad individuarlo.
Col metodo dei 5 perché abbiamo visto come le domande possono servire a risolvere problemi.
La forza predittiva delle domande
Ora, invece, vediamo come le domande possono servire a prevedere il futuro. Non si tratta di magia, ma di possibili scenari. Questa volta ci rifacciamo al mondo della creatività e della narrativa. Sto parlando del metodo What if, che cosa succederebbe se…
La tecnica consiste nel formulare ipotesi estreme. Ciò consente di forzare le conseguenze così da ampliare lo sguardo fino a “vedere” soluzioni e opportunità altrimenti impensabili.
Riprendo ancora Annamaria Testa: «Un best seller americano intitolato 100 whats of creativity invita a porsi domande in questa prospettiva: che cosa succederebbe se (qualsiasi cosa voi stiate pensando)… fosse più grande? Più piccola? Se profumasse o puzzasse? Questi esercizi nascono dal TTCT, Torrance Test of Creativity Thinking. Si tratta della prima vera batteria di test sulla creatività dotata di qualche efficacia predittiva».
«L’analisi di un TTCT è complicatissima e coinvolge una quantità di parametri e criteri, ma qui vi basta sapere che le prime categorie identificate da Torrance per distinguere tra attitudini creative diverse sono quattro:
- Fluidità: la quantità di risposte che avete dato.
- Flessibilità: la quantità di campi diversi coinvolti nelle risposte.
- Originalità: quante risposte poco o per niente ricorrenti avete dato? Ecco perché è importate fare previsioni insieme ad altri.
- Elaborazione: quanto dettagliate sono le vostre risposte?».
Tutto ciò ha a che fare con la produzione di contenuti. Ed anche con le certificazioni aziendali.
Mi spiego: alla tecnica del What if si rifà una corrente narrativa, quella ucronica. Il complotto contro l’America di Philip Roth, ad esempio, appartiene a questa corrente.
Il What if guida anche il cambiamento dei processi strategici. A volte qualcuno mi dice che dovrei scrivere contenuti più semplici. Forse è vero, però mi chiedo anche: a chi gioverebbe? Se un imprenditore non viene stimolato o non gestisce queste tecniche, come farà a gestire tutto il cambiamento che ci sta arrivando addosso come una valanga?
Come si governa il cambiamento
Ritorniamo sul governo del cambiamento. Salto la questione sugli stili di leadership, ma solo perché ora andrei fuori tema. Qui mi preme solo ricordare che il principio di ogni cambiamento è proprio la leadership.
Dicevamo… la tecnica creativa del What if? In ambito aziendale si applicano delle consolidate leve per la gestione del cambiamento. Una di queste è la messa in discussione delle convenzioni. Un’altra è quella del cambiamento dei processi operativi.
In merito alla messa discussione delle convenzioni, c’è da ricordare che le imprese di successo, cioè quelle che riescono ad attuare cambiamenti strategici importati, pur mantenendo performance elevate, hanno piantato «il seme del dubbio» al loro interno. Un esempio? L’Oreal, impresa francese di cosmetici. Nei suoi uffici è presente La sala della contestazione.
Cosa c’entra con le certificazioni? L’analisi del contesto non può limitarsi a una fotografia del presente. Ora più che mai deve avere anche una funzione predittiva. Altrimenti è solo un peso burocratico, un adempimento grigio e sterile. Mentre chi si certifica deve essere in grado di progettare un mondo multicolor (complesso).
Altrimenti anche chi fa impresa rischia essere come quegli scienziati citati da Sthephen Hawking: «Fino a oggi la maggior parte degli scienziati è stata troppo occupata nello sviluppo di nuove teorie che descrivono che cosa sia l’universo per porsi la domanda perché?».
Ps. A proposito di domande. Martedì 20 luglio, alle 14.30, ci sarà il WebMart n. 17. Parlerò degli strumenti per la gestione del rischio in un sistema di compliance. Perché non partecipi? Oltre ad essere gratis, il webinar è anche importante dal momento che al mercato non piace chi non osserva le regole.
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