
In azienda la strategia migliore è spostare il focus su aspirazioni, speranza e futuro.
La cultura di dare la colpa – cioè quando si verifica un problema trovare chi ha sbagliato – serve a poco. Serve solo a farci sentire con la coscienza a posto e a farci dire: «Non sono stato io, ha sbagliato qualcun altro. Io sono a posto e, quindi, possiamo andare avanti».
La cultura di dare la colpa è un fenomeno che troviamo in tutte le aziende e in quelle culture basate nel dare ordini. Ammettiamolo: è un po’ la tendenza di noi essere umani. Quando troviamo il colpevole e, di conseguenza, attribuiamo colpe, agiamo su aspetti che riguardano la storia, la paura e il passato. Invece dobbiamo spostare il focus sulle aspirazioni, sulla speranza e sul futuro.
Cercare la causa e non il colpevole, è certo un’azione da fare. È opportuno intervenire non per punire chi ha sbagliato, ma per cercare di eliminare la causa che ha portato all’errore. Eppure tutto ciò non basta, bisogna fare un passo in più. È necessario far leva sull’aspirazione e sul futuro, sulla possibilità che non si possa sbagliare più. Bisogna intervenire sulla paura di essere incolpati, perché questa non solo inibisce l’assunzione di responsabilità e di rischi non calcolati, ma blocca anche onesti processi di riconoscimento, di identificazione e ammissione delle inefficienze di un sistema.
Tutti cerchiamo di nascondere gli errori commessi, perché abbiamo paura di essere incolpati, non vogliamo che ci vengano attribuiti elementi negativi. Essere incolpati evoca poi degli atteggiamenti difensivi che a loro volta rendono ciechi alla realtà oggettiva. Non si possono implementare gli adeguati aggiustamenti in assenza di un feedback accurato.
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La cultura del feedback
Un profondo cambiamento di cultura non avrà luogo se si continua a cercare qualcuno da incolpare. La maggior parte delle aziende e delle persone però fanno fatica a lasciarsi alle spalle questo modo di fare.
Evitiamo di trovare il colpevole. Analizziamo le cause, ma agiamo anche sul futuro, diamo dei feedback, facciamo capire che un errore non è per forza un fallimento. Già cambiare questa parola – diciamo fallimento invece di errore – è un inizio importante. Facciamo capire che la persona non deve mettersi sulla difensiva, non deve sentirsi colpevole e vittima, ma come chi ha comunque contribuito al raggiungimento di un obiettivo. È fondamentale fare leva su un elemento positivo e sul futuro per evitare che si sbagli di nuovo. Inoltre è possibile far sì che ognuno di noi possa migliorare facendo tesoro di una grande esperienza: ogni errore è una ricchezza. Perché se io capisco dove ho sbagliato e agisco su me stesso, e anche in modo sinergico sulle cause, farò in modo di non sbagliare più, quindi sarò migliore.
Ogni azienda viaggia spedita quando i processi interni sono ben rodati. La cultura della colpa rallenta questi processi e la cosa non mi va. Per questo ne parlo ogni mattina sul mio canale Telegram. Parlare in modo chiaro è il primo passo per risolvere i problemi. Fallo insieme a me e iscriviti anche tu.