
Cambiare è necessario, è la linfa vitale di ogni impresa perché vuol dire migliorare. Le certificazioni aiutano a farlo ed è sbagliato temerle.
Per molti è una nemica temibile, una di quelle da cui stare alla larga, ma questo è un errore. Perché è giusto temerla, ma senza starle lontano. Sto parlando della paura.
La paura bisogna considerarla per quello che è: un’emozione. Quindi, guai ad ingigantirla; guai a non considerarla.
La paura influisce sul nostro modo di fare impresa. Influisce anche sull’efficacia delle certificazioni, influisce sulla riuscita della vita di tutti i giorni. Può inibire ogni possibilità di miglioramento continuo. Per avere paura non bisogna necessariamente fare qualcosa di eclatante, come ad esempio investire tutto il nostro patrimonio in un progetto. La paura, senza accorgercene, può influire anche in situazioni ordinare, cioè quelle che, ripetute ogni giorno, alla fine costruiscono la nostra vita.
Vediamo perché.
Come funziona la paura
La paura è un’emozione e può riguardare diversi aspetti. C’è chi ha paura del buio e chi, invece, no. C’è chi ha paura del mare e chi, invece, lo vive in assoluta tranquillità. Potrei allungare la lista, ma hai capito il senso. C’è però un aspetto che riguarda tutti o comunque molti. È la paura di sbagliare.
In genere, quando il cambiamento bussa alla nostra porta, chiudiamo a sette mandate usando le chiavi della difficoltà del momento, oppure usiamo le chiavi della delusione: «Cambiare non serve a niente», diciamo. In realtà non si tratta di problemi reali, usiamo quelle chiavi come strumento di controllo. Ci fanno sentire al sicuro.
Al sicuro da cosa? Dai danni che un eventuale cambiamento potrebbe provocare. E così ci autolimitiamo.
Di per sé, provare paura non è un problema. La proviamo tutti e si tratta di un’emozione che ci consente di difenderci. I problemi sorgono se gestiamo questa emozione nel modo sbagliato, quindi se la minimizziamo o se la usiamo come scudo per difendere certi schemi mentali limitanti.
Se ci fermiamo un attimo a riflettere, possiamo capire che sotto-sotto ciò che ci blocca è magari la paura di fare una brutta figura: «Cosa diranno gli altri di me se non riuscirò». O addirittura, cosa dirai tu stesso di te e del tuo fallimento?
Come superare uno stallo del genere? Cambiando prospettiva e considerando le cose per quelle che sono. Perché il cambiamento è un aspetto naturale e necessario della vita. Non accettarlo non vuol dire evitare una brutta figura con gli altri, vuol dire invece rinunciare a se stessi.
Gli errori sono la benzina dell’innovazione
Anche l’errore è un aspetto naturale e necessario della vita. Ci hanno sempre insegnato che sbagliare è da perdenti. Ma c’è una cosa che può essere ancora più grave dell’errore: è l’atteggiamento con cui si affronta. Se l’errore ci blocca è un problema.
Diceva Thomas Edison: «Io non ho fallito duemila volte nel fare una lampadina; semplicemente ho trovato millenovecentonovantanove modi su come non va fatta una lampadina». Non voglio dire che ogni volta dobbiamo sbagliare duemila volte, ma che l’errore è la benzina dell’esperienza e dell’innovazione.
Nel caso specifico delle certificazioni, averne paura è un atteggiamento sbagliato, perché è come se dicessimo a noi stessi e alla nostra azienda: abbiamo paura di migliorare.