
L’anima delle certificazioni aziendali è combattere la burocrazia e migliorare le performance dell’impresa. Chi la pensa diversamente, sbaglia. Ecco perché.
«Chiacchiere e distintivo». Ci penso da una settimana. Ci penso da quando una mia amica ha detto: «La qualità, nell’azienda per cui lavoro, fa schifo. Cambiamo continuamente loghi e cazzatine varie e le procedure sono spiegate in modo complicatissimo».
«Chiacchiere e distintivo» diceva Al Capone a Eliot Ness nel film Gli intoccabili. «Chiacchiere e distintivo» dico io quando sento qualcuno che ancora definisce le certificazioni dei «pezzi di carta».
Chiedilo a quei dipendenti che vorrebbero procedure chiare per essere più efficienti e produttivi. Chiedilo ai clienti di quella azienda se preferiscono «loghi e cazzatine varie» o un rapporto di fiducia cristallino. E invece no, si devono accontentare della formalità e della burocrazia.
Quando l’obiettivo è un pezzo di carta
L’ho scritto qualche mese fa: «Se l’obiettivo è un pezzo di carta, ai clienti si daranno solo pezzi di carta. È inutile girarci attorno».
A volte posso sembrare ruvido, forse presuntuoso. Una frase del genere è molto affilata. Però, credimi, il primo a tagliarsi quando ascolta testimonianze come quelle della mia amica, sono io.
Perché credo nel mio lavoro, credo nel modello delle certificazioni e provo repulsione per la burocrazia. Lo diceva anche Enzo Ferrari: «I burocrati non mi piacciono, non ho stima di loro. Perché? Perché sono dei falliti negli altri campi. È gente amareggiata, delusa. Perciò ce l’hanno con tutti. Specie con quelli che sono riusciti nella vita».
E la burocrazia non è quella della pubblica amministrazione, ma è quel modo di pensare che bada alla forma, mentre la sostanza manca. È burocrate chi pensa sia necessario certificarsi solo per partecipare a un bando. Quasi come se la vita di un’impresa dipendesse soltanto da quel bando.
È normale che un’impresa partecipi a dei bandi. Anzi, a volte può essere necessario. Ma il business non può basarsi su questo. Un vero business deve creare sviluppo, aiutare a ridurre gli sprechi, mettere i clienti al centro. Un vero business è tale quando si cura la comunicazione interna e quella verso l’esterno.
Dalle definizioni alla pratica
Diamo qualche definizione. Parliamo di ISO 9001. Cosa dicono le definizioni? Che si tratta di uno «standard di riferimento internazionale per la gestione della qualità».
E continuando con le definizioni sappiamo che la ISO 9001 è «una scelta strategica». Ragioniamo un secondo: può essere una scelta strategica un’azione fatta tanto per avere un pezzo di carta? Certo che no. Qui siamo nella più banale tattica. Con la strategia non c’entra nulla. Questa è ciò che Enzo Ferrari chiamava «burocrazia», vale a dire quel modo di pensare per il quale «si cambiano continuamente loghi e cazzatine varie e le procedure sono spiegate in modo complicatissimo».
Quand’è, allora, che la ISO 9001 (lo stesso discorso vale per tutte le altre certificazioni) è una scelta strategica? Quando la si usa per «focalizzare le attività aziendali sulle esigenze del cliente».
Sì, anche questa è una definizione da manuale, ma fa tutta la differenza dell’universo quando viene applicata. Perché così facendo passiamo dallo status di azienda a quello di impresa. Perché così facendo creiamo un business di valore. Perché così facendo, come disse una mia cliente, «creiamo le condizioni affinché la nostra impresa esista anche domani».
Ma cosa ne sanno le norme della mia azienda? Cosa ne sanno dei problemi che vivo tutti i giorni in azienda? In realtà tutte le norme sono studiate per migliorare le prestazioni aziendali.
Le norme sono dei metodi e metodo, secondo il suo significato etimologico, vuol dire cammino da percorrere. È un po’ come quando un atleta si affida al proprio allenatore per superare i propri limiti. Segue un metodo, non fa di testa sua. Certo, ogni atleta conserva il proprio istinto, la propria fantasia e le proprie caratteristiche.
Ma è solo all’interno di quegli schemi di allenamento e di lavoro che queste ultime possono esplodere. Ecco, con le certificazioni funziona allo stesso modo. E come disse l’agente Ness ad Al Capone, «mai smettere di lottare finché non è finito l’incontro». Quindi, amico mio, lottiamo ancora per costruire delle imprese che non siano solo «chiacchiere e distintivo», ma imprese che abbiano la consapevolezza, in mezzo a tante onde, di essere il mare.
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Cosa puoi fare oggi
Capovolgiamo i ruoli. Nel film Gli intoccabili, l’accusa di essere «chiacchiere e distintivo», viene mossa da Al Capone nei confronti di chi lotta per la giustizia. Noi, invece, possiamo rivolgerci a quel modo di pensare che esalta la burocrazia penalizzando i risultati. Spesso, nella vita d’impresa come in quella quotidiana, bisogna capovolgere la realtà per migliorarla. CHIAMAMI, valuteremo insieme come creare lo sviluppo necessario alle nostre imprese.