
La strada della certificazione è quella delle emozioni, così coinvolgi i tuoi clienti e generi fiducia. La certificazione richiede un solo requisito: amare ciò che fai.
La crisi di nervi lo aveva assalito. Quella economica ringhiava come un lupo affamato. La tensione era alle stelle e lui era più intrattabile del solito. Solo un’idea lo consolava fino a procurargli piacere: fare arte con la tecnologia. Steve Jobs aveva un caratterino «che te lo raccomando». La sua empatia, così dicono i biografi, era glaciale come quella di una statua, eppure pochi come lui sono riusciti a ottenere fiducia dai clienti al limite del fideismo. Anzi, col suo pubblico, perché parliamo di persone, non di meri consumatori; di persone che vivono e provano emozioni. E chi si emoziona cerca un legame, un rapporto che duri nel tempo.
Jobs, quindi, era sull’orlo di una crisi. La Pixar, casa di produzione cinematografica, andava male. I licenziamenti si facevano con l’accetta, senza anestesia. In questo clima infernale gli uomini della Pixar chiesero a Jobs altri soldi, tanto che il fondatore della Apple dovette metterci, di tasca propria, oltre 300mila dollari. «Credevo in quello che John Lasseter stava facendo», disse in seguito. «Lui ci credeva e io ci tenevo. Era arte». Jobs chiese al suo uomo solo una cosa: «Fallo magnifico». Tin Toy, l’animazione che Jobs finanziò, fu il primo cartone animato generato da computer, a vincere un premio Oscar.
La fiducia come strategia
Niente male, vero? Sei sull’orlo di raccogliere armi e bagagli e tu che fai? Investi sull’arte. Ma roba da pazzi. «Caà nisciun e fess», direbbero a Napoli. «Caà nisciun e fess», direbbero in molti, in Italia, quando si tratta di investire su stessi, sul proprio atteggiamento, sulla ragione vera che ci spinge a fare impresa. Sì, impresa. Spesso abbiamo l’animo così spento che pensiamo alle imprese solo come «attività economiche» quando le imprese, invece, sono «azioni, individuali o collettive, di una certa importanza e difficoltà», così dice il dizionario online della Treccani. È questo il vero significato di impresa.
Ok, ma cosa c’entra questo con le certificazioni? C’entra con l’atteggiamento. Chi sceglie la strada delle certificazioni, si sta guardando dentro e guardarsi dentro vuol dire guardare oltre. È questa miscela esplosiva che suscita emozione e coinvolgimento. Perché questo è ciò che fa ciascuno di noi: si guarda dentro e pensa al futuro. Abbiamo sete di futuro, ma abbiamo anche bisogno di essere aiutati. Ne hanno bisogno i nostri clienti che, grazie alla nostra storia e ai nostri prodotti, ci guardano come chi li può aiutare ad affrontare le tante difficoltà quotidiane. Ne abbiamo bisogno noi imprenditori: abbiamo bisogno di un metodo, di una strada da percorrere. È vero, viviamo in una «società liquida», come l’ha definita il sociologo Bauman, ma anche chi va per mare ha bisogno di una rotta.
Le parole creano le emozioni
Non è così semplice. Se bastassero solo le parole, basterebbe assumere in azienda un buon copywriter e il gioco è fatto. Insisto fino alla nausea su questo concetto: tutto dipende da quanto siamo disposti a metterci in gioco, da quanto crediamo veramente in ciò che facciamo. Il mondo è pieno di aziende che si vantano di imprese mirabolanti e di prodotti stupefacenti, ma quante di queste sono riuscite a coinvolgere il pubblico oltre un normale rapporto commerciale?
Cito ancora Jobs, per quanto la sua sia una figura controversa: «Più divento vecchio, più mi rendo conto di quanto sia importante la motivazione. Lo Zune (il rivale dell’iPod ndr) era scadente perché quelli di Microsoft non amano davvero l’arte e la musica come li amo io (…). Se non ami qualcosa, non ti farai quel chilometro in più o quel weekend di lavoro in più, non ti prenderai la briga di mettere troppo in questione lo status quo».
Cosa puoi fare per emozionare?
E tu, sei disposto a emozionare il tuo pubblico? Chiamami, parleremo di futuro e di impresa. È ciò a cui tengo davvero.