
Il benessere dei dipendenti sul luogo di lavoro è fondamentale per creare sviluppo e innovazione. Le certificazioni sono uno strumento insostituibile, un aiuto per gli imprenditori che vogliono realizzare imprese capaci di durare nel tempo.
Quella vena gonfia la conoscevo bene. Si formava sulla tempia destra quando qualcosa non andava nel verso giusto. Anche le vene sul collo erano in bella mostra, ma non come quella sulla tempia. Ma tutte insieme erano il segnale che il capo non era contento. E la cosa, purtroppo, accadeva spesso. Il clima in ufficio non era dei migliori. Dovevamo arrangiarci come potevamo. Sì, arrangiarci: senza alcuna formazione bisognava però raggiungere determinati risultati. E l’ufficio era poco accogliente: c’era sempre qualcosa che non funzionava. E guai a farlo notare, perché passavamo dal lato degli ingrati, di chi non capiva che il capo ci stava dando un’opportunità. La cosa più ricorrente, ancor più delle vene, era la frase: «Devo fare sempre tutto da solo». Anche se, col tempo, avevamo capito che le cose non funzionavano proprio per poter dire a gonfie vene: «Se faccio da solo, faccio prima e meglio».
Di storie del genere ne sento tutti i giorni. È frustrante. L’Italia è tra i paesi europei con il più alto numero d’imprenditori (anche se spesso non si tratta di una scelta, ma una necessità), nonostante questo la cultura imprenditoriale è in crisi. E con lei è in crisi anche il concetto di benessere sul luogo di lavoro: è visto come un onere, un peso, uno spreco di tempo e di denaro. Penso spesso alla cultura delle certificazioni. Sono l’anima di ogni azienda (ne parlo qui). Eppure sono in molti a non curare l’anima. Pensi che parlare di anima per una impresa sia tempo perso?
Seguimi. Ti prometto una cosa: non te ne pentirai.
Secondo Pavan Suckhdev, economista ambientale indiano: «Il mondo cambierà solo quando le aziende smetteranno di iscrivere a bilancio solo le cose che interessano ai loro azionisti e cominceranno a includere anche le cosiddette esternalità, cioè l’impatto che la loro attività genera sul mondo interno». E tra queste esternalità rientrano anche azioni come la formazione del personale. Ok, ma di Suckdev «chissenefrega». Invece ce ne dovrebbe importare. Ti spiego perché.
Benessere non è solo sicurezza
Chiariamo un aspetto: benessere e sicurezza sul luogo di lavoro non sono la stessa cosa. Quando parliamo di sicurezza parliamo di rischi. In parole povere: mettiamo in campo tutte quelle azioni preventive per evitare che qualcuno si faccia male non solo fisicamente. Anche la certezza di ricevere lo stipendio rientra nell’idea di sicurezza. La sicurezza, quindi, crea le basi per il benessere e quest’ultimo ha a che fare con le relazioni umane, con la bellezza dei luoghi di lavoro, col corretto uso del tempo e, ovviamente, con la sicurezza.
Benessere vuol dire innovazione
«Ma stiamo scherzando, oltre a dargli un lavoro devo anche pensare al suo benessere?». Se hai a cuore la tua impresa, sì. Evito ragionamenti e mi limito ai fatti: I Paesi del Nord Europa sono molto attenti al benessere dei lavoratori. L’Italia, invece, è il fanalino di coda. Ora dimmi: qual è la situazione economica di quei Paesi e qual è, invece, la situazione economica di casa nostra?
Innovare non vuol dire solo fare qualcosa di nuovo. Ciò porterebbe a un fallimento annunciato. Qualcosa di realmente nuovo è qualcosa che serve alle persone e nasce dalle intuizioni, dal modo di vedere la vita e l’impresa. Ha a che fare col saper essere dell’impresa. E l’impresa è fatta di relazioni umane, di storie e di emozioni. Credi ancora che lavorare per il benessere dei lavoratori sia solo uno spreco di risorse?
Benessere vuol dire identità
L’ho detto tante volte: a parole siamo tutti bravi. Sui nostri siti scriviamo che abbiamo cura di questo e di quest’altro. Abbiamo la carta dei valori e i nostri prodotti sono i migliori. Ma come al solito, i fatti dicono più di mille parole. E il fatto è che l’anima di un’azienda, la vedi nei suoi ambienti di lavoro. Perché è lo stesso ambiente a parlare e a dire quali siano le priorità dell’azienda stessa. È da come si vive in quell’ambiente che dipenderà il modo in cui vengono concepiti prodotti, servizi e i rapporti col pubblico.
Benessere vuol dire sviluppo (e fatturato)
«Il pesce puzza sempre dalla testa». La saggezza popolare ci viene in aiuto. Il benessere nei luoghi di lavoro dipende da com’è concepita un’azienda. I grandi imprenditori guardano al futuro, concepiscono l’azienda proiettandola quasi nell’eterno. Certo, bisogna fissare obiettivi concreti e vicini nel tempo, ma questi devono essere la strada, non il traguardo. E chi vuole durare nei secoli, deve pensare anche al benessere dei propri lavoratori. E il benessere, lo ripeto, ha a che fare col bello, coi luoghi di lavoro, con le relazioni umane. Ogni impresa è un corpo intermedio della società: crea visione, storie e costruisce futuro. Le certificazioni, in tal senso, sono un aiuto importante. Ad esempio, la ISO 9001, ci indica alcuni strumenti che non solo puntano al dover fare, ma ci aiutano a definire le regole per il dover essere.
Cosa puoi fare oggi?
Puoi cominciare a guardare al profitto come l’ultima voce del conto economico. Non perché il profitto non sia importante, ma perché è la conseguenza di tutto ciò di cui abbiamo parlato in questo articolo. E infatti, sui documenti, lo troviamo alla fine. E poi, dal momento che il benessere ha a che fare con le relazioni umane, puoi chiamarmi. Parleremo di sviluppo, di risorse umane e di ciò che faccio per il benessere dei miei dipendenti. Ma c’è un altro buon motivo per chiamarmi. Un motivo urgente. Se è vero che le aziende creano futuro e il nostro Paese arranca, ricordiamoci che «il cammino verso la grandezza, si percorre sempre insieme agli altri» (Baltasar Gracian).