
Ecco perché le Benefit Corporation, più di altre organizzazioni, fanno crescere il sistema economico e sociale del Paese.
È arrivato il momento di produrre felicità. Bisogna farlo con urgenza. Detta così sembra una fesseria, suona come l’affermazione di chi l’ha sparata grossa solo per attirare l’attenzione. Da quando l’uomo è apparso sulla Terra ha vissuto cercando di essere felice e quelli che ce l’hanno fatta sono davvero pochi. Figuriamoci, dopo millenni costellati da guerre, carestie e ingiustizie, adesso ci mettiamo a produrre felicità con la pretesa che possa anche funzionare.
Eppure qualcosa sta cambiando e io ne sono testimone. A giugno dello scorso anno Dimitto ha intrapreso il percorso per diventare Benefit Corporation. Chi mi conosce sa quanto io tenga al tema del miglioramento continuo e la certificazione B Corp rientra in questo percorso. Anzi, si colloca su un piano superiore. Perché non aiuta solo a migliorare, ma porta a cambiare paradigma, a guardare il business con uno sguardo e un approccio diversi. La felicità rientra in questo approccio.
Felicità e B Corp: chi ha cambiato il vecchio paradigma del business
Non è solo un mio pensiero. Il mese scorso, hanno parlato di felicità e B Corp, anche la Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi insieme a Cometech, Diasen e Paradisi, tre aziende marchigiane certificate B Corp.
Sembra mera utopia, ma non lo è. Fino a ieri tutti erano convinti che l’unico obiettivo di un’azienda fosse il profitto. Chi la pensava diversamente era considerato uno sciocco, nel migliore dei casi un visionario. Vallo a dire a imprenditori come Adriano Olivetti…
Perché si era convinti che l’unico obiettivo di un’azienda fosse solo il guadagno? Eppure è sempre stato evidente che le aziende le fanno le persone e che queste, oltre a meritare rispetto, hanno bisogno anche di essere motivate. È sempre stato evidente che ogni azienda prende dal contesto in cui è inserita spazi, bellezza, risorse naturali e umane. Prende, ma non restituisce, ponendosi come centro di tutto. La soluzione è sempre stata sotto gli occhi di tutti, ma in pochissimi riuscivano a vederla.
Se cambia il linguaggio, scoppia la rivoluzione
Da qualche anno, invece, assistiamo a qualcosa di rivoluzionario, anche se ancora al primo stadio: ci sono aziende che stanno lavorando per la felicità e per farlo – insieme alle azioni – hanno cominciato ad usare il linguaggio del cambiamento.
Preciso: il realismo vuole che la felicità non si ottenga dall’oggi al domani e che, vedendo come va il mondo, a tutto pensi tranne che alla “produzione” di felicità. Lo stesso realismo vuole anche un’altra cosa: in Italia e nel mondo, ci sono imprese che si stanno adoperando affinché questo sia possibile. È realtà: la parola felicità è entrata nel vocabolario delle imprese. Il cambiamento comincia dal linguaggio e poi trasforma il mondo. Va bene anche il nostro piccolo mondo, quello in cui viviamo. L’importante è che si inizi.
Questo produce tanti effetti concreti. Il primo: la felicità non è qualcosa di evanescente, non la danno i soldi o il potere, ma la forza di lavorare su noi stessi per migliorarci. Siamo abituati a dare al contesto la responsabilità dei nostri fallimenti. A volte è così, in tutte le altre, invece, perdiamo di vista l’obiettivo perché abbiamo smesso di migliorare noi stessi.
«L’iniziativa economica non può contrastare l’utilità sociale»: il Parlamento dice ok
A proposito di cambiamenti, prima di finire di scrivere questo Pensamento, lo sguardo è caduto sul feed Linkedin di Asvis e ho letto: «Siamo felici di segnalare che il Parlamento ha approvato nel pomeriggio la proposta di legge di riforma costituzionale che introduce tra i Principi fondamentali della nostra carta Costituzionale la tutela dell’ambiente e della biodiversità, anche nell’interesse delle future generazioni. La modifica sancisce inoltre che nessuna iniziativa economica può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana, alla salute e all’ambiente».
Il cambiamento è in atto, se si ferma o rallenta, è solo una nostra responsabilità.