
Per avere alte perfomance, un’impresa deve ispirarsi ai musicisti jazz: preparati tecnicamente e votati all’improvvisazione.
Oggi improvviso. Lo faccio dopo aver visto la copertina di un libro, Impresa e Jazz di Erika Leonardi. Non ho avuto modo di leggerlo, però mi ha ispirato una serie di considerazioni sulla vita d’impresa che, penso, possano esserti utili.
La prima. Viviamo un momento difficile. Su alcune cose non possiamo intervenire: la crisi, le tasse, gli imprevisti, eccetera. Ma il resto dipende da noi. Una battuta del musical La La Land, recita: «Resti aggrappato al passato, ma il jazz parla di futuro». È quello che succede a molte imprese, sono così aggrappate alle vecchie logiche che non riescono ad andare avanti. Ma chi non va avanti non resta fermo, viene travolto. Perché oggi è come se camminassimo tutti su un tapis roulant. Se restiamo fermi veniamo scaraventati fuori dall’area di gioco.
L’improvvisazione e la forza del gruppo
Ritorniamo alla musica. L’impresa di oggi dovrebbe essere come una jazz band. I musicisti sono preparatissimi, ma sanno e devono improvvisare. L’improvvisazione la devi avere nel sangue, ma devi anche studiare. E non basta Per improvvisare devi sentirti parte del gruppo. Perché è vero che puoi suona in autonomia, ma lo fai perché gli altri ti supportano suonando insieme a te e viceversa.
Tutto questo vuol dire osservare le regole e allo stesso tempo trasgredirle. Vuol dire cambiare di continuo, condizione necessaria per il miglioramento continuo.
Assoli epici? Merito della band
Per molti leader l’umore del gruppo non è importante, non gliene frega niente se il personale è col morale a pezzi, «tanto – dicono – fuori ne trovo altri mille».
Invece il morale è fondamentale, perché gran parte del nostro umore è influenzato dal tempo che trascorriamo lavorando. Se fai vivere al tuo team un clima cupo, non meravigliarti se poi faranno degli assoli spenti. E sai cosa succede quando uno fa un assolo fiacco? È tutta la band a farlo, anche se gli altri stanno suonando alla perfezione.
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Il nostro lavoro cambia la vita degli altri
Ma c’è un altro motivo per cui è importante creare le giuste condizioni per la band. Ogni impresa produce qualcosa che deve servire a qualcun altro. Quindi nel lavoro c’è sicuramente una dimensione sociale. Di conseguenza, quando lavoriamo, non lo facciamo solo per la soddisfazione dei nostri bisogni, ma lo facciamo anche per gli altri, insomma, siamo utili ad altre persone.
Un’altra cosa che un leader dovrebbe considerare per far funzionare la sua band, è il piacere. Se il lavoro si fa solo per dovere, non è sano. Anche le macchine lavorano per dovere, ma a differenza degli uomini non provano emozioni. Le persone, invece, dovrebbero provare emozioni positive.
I capi poco propensi a concedere qualcosa ai loro sottoposti potrebbero ribattere dicendo: «E chi sono io, Babbo Natale, eh?». A chi lo dice non spunteranno barba e berretto rosso, ma farà fuori una immensa opportunità: le emozioni positive sono quelle costruttive. Se in azienda non si vivono, difficilmente qualcuno suonerà degli assoli mozzafiato, tranne che per circostanziate questioni meramente opportunistiche.
Formazione continua: lasciapassare per nuovi mondi
Mi concentro ancora una volta sulla capacità di improvvisazione. Non vuol dire che ognuno fa quello che gli pare e piace. Improvvisare vuol dire rispondere agli eventi in modo altamente professionale perché si mettono in pratiche tutte le competenze (sempre col supporto del gruppo) acquisite nel tempo. Ecco perché oggi è fondamentale investire sulla formazione continua.
Così facendo si colgono due piccioni con una fava: a) da una parte il team è in grado di rispondere agli urti della vita e questo rende l’azienda più forte e competitiva; b) dall’altra i lavoratori si sentono appagati, perché mettono in pratica ciò che gli piace fare. Chi ci guadagna in tutto questo? Il cliente. E se a guadagnarci sono i clienti, pensa il profitto che ne può trarre tutta l’impresa. What a wonderful world, che mondo meraviglioso.